Il 14 ottobre 1962 sorgeva la parrocchia di Santa Maria Maddalena fuori Porta delle Chiavi.
Da diversi secoli in Borgo esistevano due parrocchie, Sant’Antonino e la Commenda: quest’ultima era dedicata a Santa Maria Maddalena. Delle due parrocchie la più antica è quella di Sant’Antonino, la più recente quella della Commenda. Le prime notizie di detta chiesa risalgono al 1137: un documento dell’archivio capitolare attesta che in origine doveva essere la chiesa o oratorio di un ospedale del Santo Sepolcro, così detto perché ospitava i pellegrini che si recavano in Palestina a visitare i luoghi santi. Nel 1222 viene detta “Ospedale del Santo Sepolcro di Santa Maria Maddalena”. Non è chiaro se tale ospedale fin dall’origine fosse diretto dai Templari o dai Gerosolimitani, più tardi chiamati Cavalieri di Malta: certamente dopo la soppressione dei Templari papa Clemente V ordinò che i beni dei Templari passassero ai Gerosolimitani. Fu nella seconda metà del XV secolo che la chiesa cominciò ad avere cura d’anime, forse quando i Camaldolesi rinunciarono alle parrocchie di San Giorgio fuori Porta delle Chiavi e di Sant’Antonino. E’ certo che Paolo III (1534-1549) al tempo di Fra Sabba da Castiglione la eresse in vicaria, cioè parrocchia sussidiaria dipendente da Sant’Antonino e questa situazione rimase immutata fino al XVIII secolo. Nel 1945 cessò di essere parrocchia e fu unita a Sant’Antonino: la causa è da ricercarsi nel disastro che la II^ guerra mondiale aveva prodotto nel Borgo, gran parte del quale, specialmente vicino al ponte, era stata distrutta dai bombardamenti. Il parroco di Sant’Antonino don Ercole Donati, ormai avanti negli anni e addolorato per la morte di parecchi parrocchiani, lanciò l’idea di unificare le due parrocchie: la cosa venne accolta dai superiori che nel 1945 nominarono parroco di Sant’Antonino mons. Eugenio Ceroni. L’unificazione fu anche facilitata dal fatto che l’ultimo parroco della Commenda, mons. Domenico Bianchedi, era stato nominato dal Vescovo direttore spirituale del seminario diocesano. Negli anni cinquanta la città cominciò ad estendersi e l’amministrazione comunale progettò un nuovo quartiere residenziale fuori Porta delle Chiavi nel terreno del podere “Trabadel”, a nord della via Emilia. L’Ina Casa vi costruì subito tre grandi fabbricati ed altri sarebbero sorti in seguito sul terreno circostante in conseguenza della destinazione ad area fabbricabile di altri poderi fra cui il “Quadrone” e “Clareta”. L’esigenza di costruire una nuova chiesa in quest’area fu subito avvertita. Le proprietarie del terreno donarono allora al Vescovo un ampio appezzamento e la chiesa venne edificata dall’impresa edile del geometra Bentini. Il 14 ottobre 1962 alle 15.30 una solenne processione con la Madonna della Consolazione detta anche della “manoza” (che era nella chiesa della Commenda) partì dalla chiesa di Sant’Antonino e, giunse in piazza Bologna. Qui don Veraldo Fiorini (proveniente da Zattaglia), accompagnato da mons. Eugenio Ceroni e dai borghigiani mons. Giovanni Argnani e da don Berto Zauli, prese possesso della sua nuova parrocchia di Santa Maria Maddalena.
Mons. Eugenio Ceroni, priore del Collegio dei Parroci Urbani, in assenza del Vescovo mons. Giuseppe Battaglia impegnato a Roma nei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II (apertosi tre giorni prima), effettuò l’immissione canonica compiendo tutti gli atti ad essa connessi: bacio del Crocifisso da parte del nuovo parroco all’ingresso della chiesa, canto del “Veni Creator”, lettura del Breve di nomina, consegna delle insegne parrocchiali (mozzetta e stola), della chiave del tabernacolo, del confessionale, dell’olio degli infermi per l’estrema unzione e della campanella con la quale segnare l’ingresso in chiesa per la celebrazione delle sacre funzioni. Concluso il rito mons. Ceroni rivolse la parola ai fedeli che gremivano la chiesa, mettendo in evidenza la missione del parroco e invitandoli a sostenerne l’opera. Poi il nuovo parroco celebrò la Santa Messa e all’omelia, ringraziati tutti i suoi ex parrocchiani di Zattaglia, intervenuti numerosi al rito, rivolse un commosso saluto al nuovo gregge affidatogli, chiedendo ai fedeli la loro collaborazione e dicendosi pronto ad accogliere tutti, senza distinzione di censo o di classe sociale, e a prestare loro il suo aiuto in ogni momento. La cerimonia terminava infine col canto del “Te Deum”. Iniziava così l’avventura di Don Fiorini; fin dal primo momento studiò ed affrontò in maniera integrale tutti i problemi della nuova parrocchia sia sul piano materiale che su quello spirituale. Molte sono le opere che recano l’impronta della sua iniziativa, del suo interessamento e della costanza con la quale seguì le opere che interessavano la parrocchia: completamento della chiesa all’interno e all’esterno (il giorno dell’ingresso di don Fiorini mancavano ancora il pavimento, l’altare, i banchi), la sala giochi per i ragazzi adiacente alla canonica, il teatro, la nuova sede delle opere parrocchiali e il campo sportivo. In tanta attività esterna non mancò di curare la formazione spirituale delle anime a lui affidate; anzi fu la sua prima attività intesa a fare della nuova parrocchia una vera comunità e darle l’aspetto di una grande famiglia. Era questo un compito estremamente arduo; infatti la gran parte dei fedeli che apparteneva alla parrocchia di Santa Maria Maddalena rimaneva aggregata alla parrocchia di Sant’Antonino, mentre quelli che stavano popolando il nuovo quartiere di piazza Bologna provenivano da tutte le parti della città e della campagna, con tradizioni e abitudini diverse. Don Fiorini con la grinta che lo caratterizzava affrontò il problema dando così avvio al percorso verso una comunità unita e attenta alle tante forme di povertà presenti nel suo territorio. Questo percorso, nel 1991, è continuato sotto la guida del secondo parroco, don Giuseppe Mingazzini (proveniente da Villa San Martino) il quale fece il suo ingresso il 15 settembre 1991.
Don Fiorini infatti rassegnò le sue dimissioni per grossi problemi di salute (morirà nel 2008 presso l’Opera Santa Teresa di Ravenna) lasciando così il campo all’opera di don Giuseppe, rimasto parroco per 26 anni, fino al 2017. In questi anni la parrocchia è cresciuta notevolmente soprattutto come numero di abitanti (è attualmente una delle più grandi della città di Faenza) e di conseguenza sono cresciute anche le iniziative a favore dei bambini, ragazzi, giovani e adulti di questa comunità. Tanti sono stati i lavori “esteriori” portati a termine sotto la guida di don Giuseppe; basti pensare al restauro della canonica, della costruzione di nuove stanze per il catechismo, dei locali del circolo e del campo sportivo. Il 17 novembre 2002 la chiesa parrocchiale è stata solennemente dedicata dal Vescovo diocesano mons. Italo Castellani. Nel 2012 la parrocchia di Santa Maria Maddalena ha celebrato il cinquantesimo anniversario della sua fondazione partecipando anche ad un’udienza generale in piazza San Pietro con il Papa Benedetto XVI al quale è stata regalata una copia dell’immagine della Madonna della Consolazione. L’8 ottobre 2017 ha fatto il suo ingresso in parrocchia il terzo parroco, don Francesco Cavina (proveniente da Russi), un giovane sacerdote che, aiutato dai tanti collaboratori della comunità, sta cercando di portare avanti il tenace lavoro svolto dai suoi predecessori.